So bene quanto coraggio occorra per affidare la propria solitaria sofferenza a qualcuno che non conosciamo, per questo il terapeuta non può esimersi dall’operare secondo valori etici e di profondo rispetto verso chi trova la forza di entrare nella stanza d’analisi.
Nel mio lavoro utilizzo la Tecnica Psicoanalitica valorizzando l’ascolto e la parola del paziente come mezzo terapeutico privilegiato, pur ricorrendo, quando lo ritengo opportuno, ad altre tecniche di intervento quali la Fotografia Terapeutica e lo Psicodramma. Sono inoltre esperta nell’approccio EMDR che consente di lavorare sulla risoluzione del trauma.

La sofferenza spinge a farsi domande, a chiedersi il perché e a rivolgersi all’analista. 

Solitamente chi arriva da me porta una domanda sul perché del proprio mal-essere percepito come un intruso di cui è estremamente difficile liberarsi. La pratica analitica consente di dare un nome a questo sgradito ospite e di scoprire (attraverso le manifestazioni dell’inconscio quali sogni, lapsus ed atti mancati) che il sintomo che crea disagio altro non è che l’espressione di una verità non elaborata. 

Poter accedere a questa verità apre la strada alla possibilità di nuove soluzioni e a cambiamenti inediti che trasformeranno il sintomo stesso da fonte di sofferenza a risorsa arricchente.