Claudia Digiuro

L’Attacco di Panico.
Come riconoscerlo e affrontarlo.

L’attacco di panico (DAP) è un disturbo drammaticamente diffuso nella nostra società e rientra tra i ‘nuovi
sintomi del disagio psichico contemporaneo.


L’esperienza del panico si presenta come un evento devastante che costringe il soggetto all’immobilismo,
accompagnato dalla paralizzante sensazione che sia sopraggiunta la fine.
Generalmente il disturbo si manifesta con improvvise alterazioni sia fisiche( palpitazioni, tremore,
sudorazione, difficoltà respiratorie, nausea..) che psichiche (terrore, preoccupazione immotivata, insonnia,
difficoltà di concentrazione..).


Di fronte a questa minaccia si genera un sentimento di impotenza tale da indurre a sviluppare strategie di
evitamento che rendono invalidante il normale svolgimento delle comuni attività quotidiane, come guidare o allontanarsi da casa (quando il disturbo evolve in agorafobia).


Si tratta di un’irruzione improvvisa che priva il soggetto della capacità di controllo e imprime di nonsenso la realtà, trascinando via ogni certezza come un fiume in piena.


Come afferma Recalcati nel suo libro L’uomo senza inconscio, “ una vita nel panico è in effetti una vita che
fatica a trovare il suo senso” (pag 124).
Nel tentativo di individuare il senso di quanto accade, Il paziente sarà impegnato a rintracciare l’origine
fisica del disturbo, sottoponendosi a numerosi accertamenti ed esami clinici, quali elettrocardiogrammi,
radiografie, elettroencefalogrammi, tac, risonanza magnetica, che risulteranno in genere negativi e
produrranno un effetto rassicurante solo transitorio fino al ripresentarsi di un nuovo attacco.


Nel periodo immediatamente successivo subentra una “crescente paura che la crisi possa ripresentarsi”,
previsione che precipita il soggetto in uno stato di continua apprensione e di allerta, aumentando così il
potere parassitario del disturbo che porterà ad evitare situazioni via via sempre più numerose.


Nella prospettiva psicoanalitica Il corpo, investito dal sintomo, è chiamato ad esprimere un’angoscia troppo a lungo rimasta muta che a un tratto e prepotentemente richiede di essere ascoltata esplodendo in modo violento e pervasivo.
In terapia sarà necessario disvelare il messaggio inconscio che questo grido vuole veicolare ed
accompagnare il paziente, schiacciato dal peso del sintomo, a riappropriarsi della propria voce/vita e del
proprio desiderio, rilanciando la possibilità di un cambiamento.